di Giorgio Bocca -
Guardavo la festa nei giardini del Quirinale per gli atleti che vanno alle Olimpiadi: i corazzieri con l´elmo rilucente, le bandiere tricolori, il capo dello stato affabile e paterno, i giovani atleti nel pieno della loro vigoria, e il meglio della società civile ad assistere e applaudire, un´Italia pacifica, educata, concorde nell´affettuoso rispetto per i suoi reggenti.
E a un certo punto mi è parso di vivere in un sogno, di essere stato trasportato a volo in un altro paese, in uno reale dove i giochi mafiosi sembrano quasi fatti, dove un nuovo sultanato affaristico e criminale è ormai al potere e dispone di corpi armati, di leggi ad personam, di privilegi, di impunità. Ci siamo quasi! A ciò che nella storia risorgimentale e unitaria sembrava impossibile, assurdo, da incubo: vivere in uno stato mafioso, fuorilegge, senza più una Costituzione rispettata, dove in alcune regioni è già sovvertito il rapporto fondamentale della democrazia parlamentare, il voto dei cittadini ai delegati di cui si condividono le idee, la capacità di governo, il voto democratico alle idee e alle persone meritevoli sostituito dal voto al partito di raccolta dei ricchi sempre più ricchi, dei potenti sempre più potenti, quali che siano i simboli e le bandiere dietro cui si presentano. Lo specchio magico della televisione ogni tanto riflette il paese come è anche senza volerlo.
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